LA ROCCACCIA. UNA ROCCA DI CONFINE. MILLE VOLTE PRESA, MILLE VOLTE PERSA
(Canonica 9 – pag. 17)
Percorrendo la Statale 146 che collega Pienza a Montepulciano l’antico rudere della Roccaccia si intravede appena ma, anche se coperta dall’edera fino alla sommità, la torre diruta ci racconta una storia millenaria.
Dell’antica rocca di confine oggi non restano che frammenti murari poco riconoscibili ma un tempo questo luogo costituiva, insieme agli insediamenti vicini, un sistema difensivo e rurale assai importante.
INTORNO ALLA PALA DI ALTARE DELLA CHIESA DI SAN CARLO BORROMEO DI FRANCESCO RUSTICI, DETTO IL RUSTICHINO
(Canonica 9 – pag. 43)
La pala in esame, Madonna col Bambino e i Santi Carlo Borromeo, Francesco, Chiara, Caterina da Siena e Giovanni Battista (1620 circa), olio su tela, cm 296 x 207 assegnata a Francesco Rustici, detto il Rustichino (Siena, 1592-1626) insieme all’analogo disegno e al modelletto preparatorio che verrà descritto in seguito, ha recentemente ricoperto un importante ruolo nella sezione della mostra Il Buon Secolo della Pittura Senese.
26 maggio 1935: il duomo restituito alla città divenne evento corale
(Canonica 9 – pag. 27)
Nel maggio 1935 Pienza fu al centro dell’attenzione di molti quotidiani e riviste specializzate, non solo italiani, per un evento eccezionale che il regime fascista seppe esaltare con successo: la riapertura del duomo dopo oltre vent’anni di lavori. Lo storico dell’arte Enzo Carli ricorda che quei lavori ebbero infatti una funzione notevole dopo gli interventi di primo ‘900 quando, per il restauro statico dell’edificio progettato dal Rossellino
L’interesse suscitato dopo la pubblicazione della scoperta dell’allume da parte di Giovanni di Castro e l’interesse dimostrato dal papa Pio II Piccolomini,1 miporta a raccontare un altro piccolo avvenimento, senza tacere che lo stesso pontefice ha scritto sulla magnifica Processione del Corpus Domini del 14622 a Viterbo e sulla nota Corsa delle barche da Capodimonte all’Isola Bisentina.3
Di un ritratto commemorativo della visita di Pio II avvenuta nel luglio del 1462 al Convento francescano dell’isola Bisentina ne avevamo già parlato in precedenza.1 Si tratta di una raffigurazione del pontefice pientino che si rintraccia nella facciata esterna della cappellina del Tabor dedicata alla Trasfigurazione. Precisamente «…a sinistra della porta è raffigurato Pio II, la cui testa è interamente perduta [sic], che riceve l’omaggio dei Francescani, di cui rimangono due bei brani dei volti. […]
UN ORIZZONTE INCONFONDIBILE
Memorie valdorciane di Lidia Paolucci Lorenzoni
(Canonica 8 – pag. 120)
Le pagine che seguono mi furono affidate molti anni fa dalla loro autrice. Rileggendole a distanza di tanto tanto tempo, non solo le ho gradite e apprezzate, ma mi hanno spinto a condividerle con il gruppo del Centro studi Pientini.
Contengono ricordi personali e familiari che si snodano in un arco di tempo che va dagli anni 30 agli anni 70 fornendoci, nel contempo, interessanti descrizioni della storia come della vita sociale economica e culturale degli abitanti di Pienza e della Val d’Orcia.
AGOSTINO DATI, LA CASA DI PIENZA
E I RAPPORTI CON PIO II
(Canonica 8 – pag. 93)
A Pienza sul fronte di un palazzetto, che si trova in Via Buia, è posto uno stemma in arenaria gialla, pietra tipica del luogo, che raffigura uno scudo in rilievo con all’interno tre sfere; al di sotto, quasi a sostegno, è scolpito un angioletto alato. Via Buia è una strada perpendicolare al Corso principale dell’abitato e rientra tra quei vicoli tipici, cosiddetti “a pettine”, che formano gran parte del tessuto spontaneo della vecchia Corsignano.
L’apporto culturale, politico-amministrativo ed artistico fornito da PioA Pienza molti sono i luoghi che ne stabiliscono la peculiare identità, e tra questi è possibile citare la biblioteca di Palazzo Piccolomini che contiene scaffali e armadi che conservano gelosamente manoscritti e documenti di «…notevole pregio».1 Un ambiente, questo della Biblioteca, che in origine, e secondo la descrizione che ce ne ha lasciato lo stesso Enea Silvio Piccolomini nei Commentari, II e dai suoi collaboratori ed intermediari nelle Marche del ‘400 è ancora oggi difficile quantificarlo. Certo è che, come sottolineato da llustri storici già da tempo, è stato spesso minimizzato, se non tralasciato, forse a causa della breve durata del suo pontificato, senza considerare la consistenza dell’opera e del messaggio che continuarono a produrre frutti molto a lungo.
L’OPERA DI «SINENSES» E «PIESCHI» NELLE MARCHE DI FINE ‘400
(Canonica 8 – pag. 37)
L’apporto culturale, politico-amministrativo ed artistico fornito da Pio II e dai suoi collaboratori ed intermediari nelle Marche del ‘400 è ancora oggi difficile quantificarlo. Certo è che, come sottolineato da llustri storici già da tempo, è stato spesso minimizzato, se non tralasciato, forse a causa della breve durata del suo pontificato, senza considerare la consistenza dell’opera e del messaggio che continuarono a produrre frutti molto a lungo.
CRISTOFORO DI BINDOCCIO, MEO DI PERO E IL CICLO FRANCESCANO DI PIENZA. RARITÀ ICONOGRAFICHE E NUOVE SCOPERTE
(Canonica 8 – pag. 5)
La chiesa di San Francesco a Pienza
L’edificio dedicato al Santo di Assisi si affaccia sul corso principale della città e mostra, nella propria semplicità, le caratteristiche essenziali delle chiese degli ordini mendicanti [fig.1]. Un’unica navata, sormontata da un tetto a capriate, si innesta all’area presbiteriale che presenta una sola cappella quadrangolare qualificata con volte a crociera.