QUANDO PIO II SCRIVEVA AL CONTE DRACULA

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Un ritratto di Vlad III

Il nome Dracula evoca in molti la figura leggendaria del Conte della Transilvania, famelico vampiro protagonista di tanti testi letterari e cinematografici. Uno stereotipo di personaggio dotato di poteri sovrannaturali, avido succhiatore di sangue, signore delle tenebre, timoroso solo della croce e… dell’aglio.
Tra i romanzi più famosi ispirati alla leggenda e allo stesso tempo ispiratori di altri lavori di fantasia ricordiamo il “Dracula” di Bram Stoker, scritto nel 1897, a cui fanno riferimento almeno un centinaio di film; tra i più famosi, quello di Francis Ford Coppola con Gary Oldman, Anthony Hopkins e Winona Ryder (Dracula – 1992) e quello di Neil Jordan con Tom Cruise e Brad Pitt (Intervista col Vampiro – 1994).
Ma forse non tutti sanno che il Conte “Dracula” è esistito veramente con il nome nobiliare di Vlad III; naque a Sighisoara nel 1431 e morì in battaglia nel 1476. Un guerriero colto e implacabile che compì, insieme alla sua dinastia, efferati delitti e stragi indicibili. Il nome Dracula deriva dal titolo Dracul che il padre Vald II si attribuì per la sua appartenenza all’ordine del Drago (draco in latino), ordine cavalleresco nato per difendere la cristianità dalle eresie.

E forse altrettanti non sanno che Papa Pio II ha avuto per lui, nei suoi “Commentarii”, motti di orrore e meraviglia, con un pizzico di inconscia ammirazione, forse per la sua implacabile lotta contro gli eserciti ottomani. Sappiamo che Pio II aveva molto a cuore le sorti dell’Europa che stava per essere invasa dai Turchi;dracula1 il papa pientino vedeva nel principe rumeno uno strenuo difensore della cristianità in quanto era uno dei pochi regnanti europei che lottava con tutte le proprie risorse contro le invasioni ottomane.
I tremendi metodi adottati per “dissuadere” i nemici e per tenerli lontani dalle sue terre valsero a Vald III l’appellativo di “impalatore” (tepes); faceva infilzare gli avversari catturati vivi, con lunghe pertiche piantate per terra, lasciandoli poi agonizzare alla vista dei compagni d’arme. La tecnica fu adottata anche nei confronti degli oppositori interni, dei popoli conquistati e di quanti provavano a contraddire la sua volontà.

commentariiPio II cita più volte il Conte Vlad III nei suoi commentari, descrivendone le vicende tragiche e le imprese leggendarie. Forse si sono anche incontrati, a Firenze. Di fatto, entrambi si prefiggevano lo stesso fine, sconfiggere Maometto II, anche a costo di trovare con un’accordo con lui.
Pio II valutò in più riprese la possibilità di usare la potenza distruttiva di Dracula per piegare gli ottomani ed era affascinato dal lato poliglotta, colto e intraprendente del conte valacco, a suo modo un umanista poliedrico e profondo conoscitore della natura umana. Ma la distanza morale tra i due era abissale e Papa Piccolomini preferì accordarsi con Matteo Corvino d’Ungheria per controllare l’esplosiva situazione danubiana. A noi restano le pagine dei Commentarii, testimonianza diretta delle vicende storiche di un personaggio che fa ancora parlare di se.


Pio II e Dracula nella letteratura rumena.

diario_di_draculaTra gli scrittori che si sono occupati di Dracula e che hanno inquadrato in modo molto puntuale il rapporto tra quest’ultimo e Pio Il va segnalato il rumeno Marin Mincu, con il suo romanzo storico “Il Diario di Dracula” (Bompiani, 1992 – Prefazione di Cesare Segre, con uno scritto di Piero Bigongiari Copertina: Hieronymus Bosch, Giudizio finale (part.), Accademia, Vienna). Riportiamo il commento al volume ad opera di Bigongiari:
La vera storia del personaggio che ha dato origine alla leggenda nera del vampiro. Questo romanzo del rumeno Marin Mincu rievoca la figura storica di Dracula, il “voivoda” Vlad III, sanguinario e dispotico guerriero che Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, incoraggiò e ammirò nella speranza di farne il condottiero della lotta contro i Turchi. In un insolito affresco fra tardogotico e rinascimentale, sullo sfondo lo scontro fra Cristianità e Islam, Dracula in prima persona racconta le trame dinastiche di cui fu vittima e riflette sull’ambiguità del rapporto tra l’abietto e il sublime nell’azione. Imprigionato sotto il Danubio nella torre di Salomone, il principe valacco rivive i suoi più terribili misfatti, vagliando i documenti storici che hanno nutrito la sua fama sinistra, e «lo può fare, perché il Dracula di Mincu è, come lo fu veramente il “voivoda”, un uomo di cultura e un poliglotta, un umanista trascinato all’azione da un destino più subìto che voluto» (C. Segre). «È un libro dunque che si può persino definire edificante, nella riscrittura della degradazione e dell’orrore di fatti reputati come veridici?» (P. Bigongiari).

Per saperne di più vedi anche in FOLIO, la rivista storica on line della PANINI.

Tra gli ultimi testi usciti vedi Dracula, una storia vera, di Bianchi Vito, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2011

Articolo in collaborazione con www.portalepienza.it